Alessandro nell’Indie, libretto, Stoccarda, Cotta, 1760

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Campo di battaglia su le rive dell’Idaspe. Tende, carri roversciati, soldati dispersi, armi, insegne ed altri avanzi dell’esercito di Poro disfatto da Alessandro. Terminata la sinfonia, s’ode strepito d’armi e d’istromenti militari; nell’alzar della tenda soldati che fuggono.
 
 PORO, indi GANDARTE, con spade nude
 
 PORO
 Fermatevi, codardi. Ah con la fuga
 mal si compra una vita. A chi raggiono?
 Non ha legge il timor. La mia sventura
 i più forti avvilisce, io lo ravviso.
5Le calpestate insegne,
 le lacere bandiere
 l'armi disperse, il sangue e tanti e tanti
 avanzi dell'insana
 licenza militar tolgono il velo
10a tutto il mio destino. È dunque in cielo
 sì temuto Alessandro
 che a suo favor può fare ingiusti i numi?
 Ah si mora; e si scemi
 della spoglia più grande
15il trionfo a costui. Già visse assai,
 chi libero morì (In atto di uccidersi)
 GANDARTE
                                Mio re che fai? (Getta la spada)
 PORO
 Involo, amico, un infelice oggetto
 all'ira degli dei.
 GANDARTE
                                Chi sa, vi resta
 qualche nume per noi. Mai non si perde
20l'arbitrio di morir: né forse a caso
 fra l'ire tue ti rispettò fortuna.
 Vivi alla tua vendetta.
 A Cleofide vivi.
 PORO
                               Oh dio, quel nome
 fra l'ardor dello sdegno,
25di geloso veleno il cor m'agghiaccia.
 Ah l'adora Alessandro!
 GANDARTE
 E Poro l'abbandona?
 PORO
 No, no, gli si contenda (Ripone la spada nel fodero)
 l'acquisto di quel core
30fino all'ultimo dì...
 GANDARTE
                                     Fuggi, o signore.
 Stuol nemico s'avanza.
 ORO
                                            A tal difesa
 Inesperto sarei.
 GANDARTE
 Celati almen.
 PORO
                            Palese
 mi sarebbe lo sdegno.
 GANDARTE
                                           Oh dei! S'appressa
35la schiera ostil... Prendi e il real tuo serto (Si leva il cimiero)
 sollecito mi porgi. Almen s'inganni
 il nemico così.
 PORO
                             Ma il tuo periglio?
 GANDARTE
 È periglio privato: in me non perde
 l'India il suo difensor.
 PORO
                                           Pietosi dei!
40Voi mi togliete poco,
 riserbandomi in lui
 sì bella fedeltà. Cinga il mio serto (Si leva il cimiero proprio e lo pone sul capo a Gandarte)
 quella onorata fronte
 degna di possederlo
45e sia presagio
 di grandezze future. (Prende il cimiero di Gandarte e se lo pone sul capo)
 GANDARTE
 Ma porti sol con sé le tue sventure. (Gandarte riprende la spada che aveva gettata e parte)
 
 SCENA II
 
 PORO, poi TIMAGENE con spada nuda e seguito de’ greci, indi ALESSANDRO
 
 PORO
 Invano, empia fortuna,
 il mio coraggio indebolir tu credi. (In atto di partire)
 TIMAGENE
50Guerrier, t'arresta e cedi
 quell'inutile acciaro. È più sicuro
 col vincitor pietoso inerme il vinto.
 PORO
 Pria di vincermi, oh quanto
 e di periglio e di sudor ti resta!
 TIMAGENE
55Su, Macedoni, a forza
 l'audace si disarmi. (Poro volendosi difendere gli cade la spada)
 PORO
                                        Ah stelle ingrate!
 Il ferro m'abbandona.
 ALESSANDRO
                                           Olà, fermate.
 Abbastanza finora
 versò d'indico sangue il greco acciaro.
60Tregua alle stragi. Aduna (A Timagene)
 le disperse falangi e in esse affrena
 di vincere il desio. Scema il soverchio
 uso della vittoria.
 Il merto al vincitor: ne' miei seguaci
65chiedo virtude alla fortuna uguale.
 TIMAGENE
 Il cenno eseguirò. (Parte)
 PORO
                                    (Questi è il rivale).
 ALESSANDRO
 Guerrier chi sei?
 PORO
                                  Se mi richiedi il nome,
 mi chiamo Asbite: se il natal, sul Gange
 io vidi il primo dì. Se poi ti piace
70saper le cure mie per genio antico
 son di Poro seguace e tuo nemico.
 ALESSANDRO
 (Come ardito ragiona!) E quali offese
 tu soffristi da me?
 PORO
                                     Quelle che soffre
 il resto della terra. E qual ragione
75a' regni dell'aurora
 guida Alessandro a disturbar la pace?
 Sono i figli di Giove
 inumani così? Che giova a noi
 l'essere ignoti? Hai tributario ormai
80il mondo in ogni loco,
 e tutto il mondo alla tua sete è poco.
 ALESSANDRO
 T'inganni Asbite. In ogni clima ignoto
 se pugnando m'aggiro, i regni altrui
 usurpar non pretendo. Io cerco solo
85per compire i miei fasti
 un'emula virtù che mi contrasti.
 PORO
 Forse in Poro l'avrai.
 ALESSANDRO
                                         Qual'è di Poro
 l'indole, il genio?
 PORO
                                  È degno
 d'un guerriero e d'un re.
 ALESSANDRO
                                                Quai sensi in lui
90destan le mie vittorie?
 PORO
 Invidia e non timor
 ALESSANDRO
                                       La sua sventura
 ancor non l'avvilisce?
 PORO
                                          Anzi, l'irrita
 E forte adesso a' patri numi ei giura
 d'involar quegli allori alle tue chiome,
95colà sull'are istesse,
 che 'l timor de' mortali offre al tuo nome.
 ALESSANDRO
 In India eroe sì grande
 è germoglio straniero. Errò natura
 nel produrlo all'Idaspe. In greca cuna
100d'esser nato il tuo re degno saria.
 PORO
 Credi dunque che sia
 il ciel di Macedonia
 sol fecondo d'eroi? Qui pur d'intende
 di gloria il nome e la virtù s'onora;
105ha gli Alessandri suoi l'Idaspe ancora.
 ALESSANDRO
 O coraggio sublime!
 O illustre fedeltà! Poro felice
 per sudditi sì grandi. Al tuo signore
 libero torna e digli
110che sol vinto si chiami
 dalla sorte o da me: l'antica pace
 poi torni a' regni suoi;
 altra ragion non mi riserbo in lui.
 PORO
 Se ambasciador mi vuoi
115di simili proposte,
 Poco opportuno ambasciador scegliesti.
 ALESSANDRO
 Generoso però. Libero il passo
 si lasci al prigionier. Ma il fianco illustre
 abbia il suo peso e non rimanga inerme.
120Prendi questa ch'io cingo (Si cava la spada per darla a Poro)
 ricca di Dario e preziosa spoglia
 e lei trattando il donator rammenta.
 Vanne e sappi frattanto
 per gloria tua ch'altro invidiar finora
125non seppe il mio pensiero
 che Asbite a Poro e ad Achille Omero.
 PORO
 Il dono accetto e ti diran fra poco (Prende la spada di Alessandro al quale una comparsa ne presenta subito un’altra)
 Mille e mille ferite
 qual uso a' danni tuoi ne faccia Asbite.
 
130   Vedrai con tuo periglio
 di questa spada il lampo
 come baleni in campo
 sul ciglio al donator.
 
    Conoscerai chi sono;
135ti pentirai del dono;
 ma sarà tardi allor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ALESSANDRO, poi TIMAGENE con ERISSENA incatenata, due indiani e seguito
 
 ALESSANDRO
 Oh ammirabili sempre
 anche in fronte a' nemici
 caratteri d'onor! Quel core audace,
140perché fido al suo re, minaccia e piace.
 TIMAGENE
 Questa, che ad Alessandro
 prigioniera donzella offre la sorte,
 germana è a Poro.
 ERISSENA
                                    (Oh dei!
 D'Erissena che fia?)
 ALESSANDRO
                                        Chi di quei lacci
145l'innocente aggravò?
 TIMAGENE
                                        Questi di Poro
 sudditi per natura,
 per genio a te. Fu lor disegno offrirti
 un mezzo alla vittoria.
 ALESSANDRO
                                           Indegni! Il ciglio
 rasciuga, o principessa. Il tuo destino
150non è degno di pianto. Altri nemici
 trarrian da tua bellezza
 la ragion d'oltraggiarti: ad Alessandro
 persuade rispetto il tuo sembiante.
 ERISSENA
 (Che dolce favellar!)
 TIMAGENE
                                        (Son quasi amante).
 ALESSANDRO
155Agli empi, o Timagene,
 si raddoppino i lacci
 che si tolgono a lei. Tornino a Poro
 gl'infidi ed Erissena,
 questa alla libertà, quegli alla pena. (Due comparse sciolgono Erissena ed incatenano gl’indiani)
 ERISSENA
160Generosa pietà.
 TIMAGENE
                                Signor perdona;
 se Alessandro foss'io, direi che molto
 giova se resta in servitù costei.
 ALESSANDRO
 S'io fossi Timagene, anche il direi.
 
    Vil trofeo d'un'alma imbelle
165è quel ciglio allor che piange.
 Io non venni infino al Gange
 le donzelle a debellar.
 
    Ho rossor di quegli allori
 che non han fra' miei sudori
170comminciato a germogliar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ERISSENA e TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 (O rimprovero acerbo
 che irrita l'odio mio!)
 ERISSENA
                                          Questo è Alessandro?
 TIMAGENE
 È questo.
 ERISSENA
                     Io mi credea
 che avessero i nemici
175più rigido l'aspetto,
 più fiero il cor. Ma sono
 tutti i greci così?
 TIMAGENE
                                  (Semplice!) Appunto.
 ERISSENA
 Quanto invidio la sorte
 delle greche donzelle! Almen fra loro
180fossi nata ancor io.
 TIMAGENE
                                     Che aver potresti
 di più vago, nascendo in altr'arena?
 ERISSENA
 Avrebbe un Alessandro anch'Erissena.
 TIMAGENE
 Se le greche sembianze
 ti son grate così, l'affetto mio
185posso offrirti, se vuoi. Son greco anch'io.
 ERISSENA
 Tu greco ancor?
 TIMAGENE
                                Sotto un istesso cielo
 spuntò la prima aurora
 a' giorni d'Alessandro, a' giorni miei.
 ERISSENA
 Non è greco Alessandro o tu nol sei.
 TIMAGENE
190Dimmi almen qual ragione
 sì diverso da me lo renda mai?
 ERISSENA
 Ha in volto un non so che, che tu non hai.
 TIMAGENE
 (Che pena!) Ah già per lui
 fra gli amorosi affanni
195dunque vive Erissena!
 ERISSENA
                                            Io?
 TIMAGENE
                                                     Sì.
 ERISSENA
                                                             T'inganni.
 
    Chi vive amante sai che delira;
 spesso si lagna; sempre sospira;
 né d'altro parla che di morir.
 
    Io non mi affanno, non mi querelo,
200giammai tiranno non chiamo il cielo:
 dunque il mio core d'amor non pena
 o pur l'amore non è martir. (Parte con i due prigionieri indiani accompagnata dal seguito di Timagene)
 
 SCENA V
 
 TIMAGENE
 
 TIMAGENE
 Ma qual sorte è la mia? Nacque Alessandro
 per offendermi sempre. Anche in amore
205m'oltraggia il merto suo. Picciola offesa
 che rammenta le grandi. Ei di sua mano
 del mio gran genitor macchiò col sangue
 l'insauste mense: e se pentito ei pianse,
 io n'abborisco appunto
210la tiranna virtù con cui mi scema
 la ragion d'abborrirlo. Eh l'odio mio
 si appaghi alfine. Irriterò le squadre;
 solleverò di Poro
 le cadenti speranze; alla vendetta
215qualche via troverò, che il vendicarsi
 d'un ingiusto potere
 persuade natura anche alle fiere.
 
    O sugli estivi ardori
 placida al sol riposa
220o sta fra l'erbe e i fiori
 la pigra serpe ascosa,
 se non la preme il piede
 di ninfa o di pastor.
 
    Ma se calcar si sente,
225a vendicarsi aspira;
 e su l'acuto dente
 il suo veleno e l'ira
 tutta raccoglie allor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Recinto di palme e cipressi con picciolo tempio nel mezzo, dedicato a Bacco nella reggia di Cleofide.
 
 CLEOFIDE con seguito, indi PORO
 
 CLEOFIDE
 Perfidi! Qual riparo, (Alle comparse)
230qual rimedio adoprar? Mancando ogn'altro,
 dovevate morir. Tornate in campo,
 ricercate di Poro. Il vostro sangue,
 se tardo è alla difesa,
 se vile è alla vendetta,
235spargetelo dal seno
 alla grand'ombra in sacrificio almeno. (Partono le comparse)
 Oh dei, mi fa spavento
 più di Poro il coraggio,
 l'anima intollerante e le gelose
240furie, che in sen sì facilmente aduna,
 che 'l valor d'Alessandro e la fortuna.
 PORO
 (Ecco l'infida). Io vengo,
 regina, a te di fortunati eventi
 felice apportator.
 CLEOFIDE
                                  Numi! Respiro.
245Che rechi mai?
 PORO
                               Per Alessandro alfine
 si dichiarò la sorte. A me non resta
 che una vana costanza
 che un inutile ardir.
 CLEOFIDE
                                        Son queste, oh dio,
 le felice novelle!
 PORO
                                Io non saprei
250per te più liete immaginarne. Il solo
 inciampo al vincitor con me si toglie.
 Onde potrai fra poco
 in lui destar gl'intiepiditi ardori
 e far che ossequioso
255del domato Oriente
 venga a deporti al piè tutti i trofei.
 CLEOFIDE
 Ah non dirmi così che ingiusto sei.
 PORO
 Ingiusto! È forse ignoto
 che quando in su l'Idaspe
260spiegò primier le pellegrine insegne
 adorasti Alessandro? E che di lui
 seppe la tua beltà farti tiranna,
 forse l'India nol sa?
 CLEOFIDE
                                       L'India s'inganna.
 Torna, torna in te stesso: altro pensiero
265chiede la nostra sorte
 che quel di gelosia.
 PORO
                                      Qual'è? Pretendi
 che d'Alessandro al piede
 io mi riduca ad implorare pietade?
 Vuoi che sia la tua mano
270prezzo di pace? Ambasciador mi vuoi
 di queste offerte? Ho da condurti a lui?
 Ho da soffrir tacendo
 di rimirarti ad Alessandro in braccio?
 Spiegati pur ch'io eseguisco e taccio.
 CLEOFIDE
275Né mai termine avranno
 le frequenti dubbiezze
 del geloso tuo cor? Credimi o caro,
 fidati pur di me.
 PORO
                                  Di te si fida
 anche Alessandro. E chi può dir qual sia
280l'ingannato di noi? So ch'ei ritorna
 e torna vincitor. So ch'altre volte
 coll'armi de' tuoi vezzi o finti o veri
 hai le sue forze indebolite e dome.
 E creder deggio? E ho da fidarmi? E come!
 CLEOFIDE
285Ingrato, hai poche prove
 della mia fedeltà? Comparve appena
 su l'indico confine
 dell'Asia il domator che il tuo periglio
 fu il mio primo spavento. Incontro a lui
290lusinghiera m'offersi, acciò con l'armi
 non passasse a' tuoi regni. Ad onta mia
 seco pugnasti. A te già vinto, asilo
 fu questa reggia; e non è tutto. In campo
 la seconda fortuna
295vuoi ritentar; l'armi io ti porgo e perdo
 l'amistà d'Alessandro,
 di mie lusinghe il frutto,
 de' miei sudditi il sangue, il regno mio.
 E non ti basta? E non mi credi?
 PORO
                                                            (Oh dio!)
 CLEOFIDE
300Tolerar più non posso
 così barbari oltraggi.
 Fuggirò questo cielo, andrò raminga
 per balze e per foreste
 spaventose allo sguardo, ignote al sole,
305mendicando una morte. I miei tormenti,
 le tue furie una volta
 finiranno così. (In atto di partire)
 PORO
                               Fermati; ascolta.
 CLEOFIDE
 Che dir mi puoi?
 PORO
                                   Che a gran ragion t'offende
 il geloso amor mio.
 CLEOFIDE
                                      Questo è un amore
310peggior dell'odio.
 PORO
                                   Io ti prometto, o cara,
 che mai più di tua fede
 dubitar non saprò.
 CLEOFIDE
                                     Queste promesse
 mille volte facesti e mille volte
 tornasti a vacillar.
 PORO
                                    Se mai di nuovo
315io ti credo infedel, per mio tormento
 altra fiamma t'accenda;
 e vera in te l'infedeltà si renda.
 CLEOFIDE
 Ancor non m'assicuro.
 Giuralo.
 PORO
                   A tutti i nostri dei lo giuro.
 
320   Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 SCENA VII
 
 ERISSENA accompagnata da Macedoni e detti
 
 CLEOFIDE
 Erissena! Che veggo!
 Tu nella reggia? (Ad Erissena)
 PORO
                                 Io ti credea, germana,
325prigioniera nel campo.
 ERISSENA
                                            Un tradimento
 mi portò tra nemici e un atto illustre
 del vincitor pietoso a voi mi rende.
 CLEOFIDE
 Che ti disse Alessandro?
 Parlò di me?
 PORO
                           (Che mai richiede) (Da sé)
 CLEOFIDE
                                                                Assai
330può giovarmi il saperlo (Ad Erissena)
 PORO
                                              (Alfine è questa
 innocente richiesta) (Da sé)
 ERISSENA
                                         I detti suoi
 ridirti non saprei. So che mi piacque
 il suon di sue parole. Io non l'intesi
 così soave in altro labbro. O quanto
335ancor nella favella
 son diversi da' nostri i suoi costumi!
 Credo che in ciel così parlino i numi.
 PORO
 (Che importuna!)
 ERISSENA
                                    O regina,
 come  dolce in quel volto
340fra lo sdegno guerrier sfavilla amore!
 Di polve e di sudore
 anche aspersa la fronte
 serba la sua bellezza e l'alma grande
 in ogni sguardo suo tutta si vede.
 PORO
345Cleofide da te questo non chiede. (Con isdegno ad Erissena)
 CLEOFIDE
 Ma giova questo ancora
 forse a' disegni miei.
 PORO
 (Noi ritorniamo a dubitar di lei).
 CLEOFIDE
 Macedoni guerrieri,
350tornate al vostro re; ditegli quanto
 anche fra noi la sua virtù s'ammira;
 ditegli che al suo piede
 tra le falangi armate
 Cleofide verrà.
 PORO
                              Come! Fermate. (A’ Macedoni)
355Tu ad Alessandro? (A Cleofide)
 CLEOFIDE
                                      E che perciò? Non vedo
 ragion di maraviglia.
 PORO
                                         In questa guisa
 il tuo decoro, il nome tuo s'oscura.
 L'India che mai dirà?
 CLEOFIDE
                                           Questa è mia cura.
 Partite. (A’ Macedoni che partono)
 PORO
                  (Io smanio).
 CLEOFIDE
                                           Ah non vorrei che fosse
360il tuo soverchio zelo
 quel solito timor che ti avvelena.
 PORO
 Lo tolga il cielo. (O giuramento! O pena!)
 CLEOFIDE
 Siegui a fidarti; in questa guisa impegni
 a maggior fedeltà gli affetti miei.
365Quando Poro mi crede,
 come tradir potrei sì bella fede?
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
 se m'accendo ad altro lume,
 pace mai non abbia il cor.
 
370   Fosti sempre il mio bel nume,
 sei tu solo il mio diletto;
 e sarai l'ultimo affetto
 come fosti il primo amor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ERISSENA e PORO
 
 PORO
 Erissena che dici? Ho da fidarmi?
375Ho da temer che sia
 Cleofide infedel? Ah parla,
 consigliami, Erissena.
 ERISSENA
                                           O quanto è folle
 chi è geloso in amor. Perché non credi
 le sue promesse? Alfine
380pegno maggior di questo
 bramar non puoi.
 PORO
                                   Ma intanto
 va Cleofide al campo ed io qui resto.
 ERISSENA
 Che figuri perciò?
 PORO
                                    Mille io figuro
 immagini crudeli
385d'infedeltà, vezzi, lusinghe e sguardi.
 Che posso dir?
 ERISSENA
                              Ma saran finti.
 PORO
                                                           Oh dio.
 Fingendo s'incomincia. E tu non sai
 quanto è breve il sentiero
 che dal finto in amor conduce al vero.
390Non può amar Alessandro?
 Non può cangiar desio?
 ERISSENA
 È ver. (Comincio a ingelosirmi anch'io).
 PORO
 Ah non so trattenermi,
 soffrir non so. Si vada. In quelle tende
395Cleofide mi vegga. A' nuovi amori
 serva di qualche inciampo
 l'aspetto mio.   (Come sopra in atto di partire)
 
 SCENA IX
 
 GANDARTE e detti
 
 GANDARTE
                               Dove mio re?
 PORO
                                                          Nel campo.
 GANDARTE
 Ancor tempo non è di porre in uso
 disperati consigli. Io non invano
400tardai finor. Questo real diadema
 Timagene ingannò. Poro mi crede.
 Mi parlò, lo scopersi
 nemico di Alessandro: assai da lui
 noi possiamo sperare.
 PORO
                                           Ah non è questa
405la mia cura maggiore. Al greco duce
 Cleofide s'invia.
 Non deggio rimaner. (Come sopra in atto di partire)
 GANDARTE
                                          Fermati. E vuoi
 per vana gelosia
 scomporre i gran disegni? Agli occhi altrui
410debole comparir? Vedi, che sei
 a Cleofide ingiusto, a te nemico.
 PORO
 Tu dici il vero, io lo conosco, amico.
 Ma che perciò? Rimprovero a me stesso
 ben mille volte il giorno
415ne' miei sospetti a ricadere io torno.
 
    Se possono tanto
 due luci vezzose
 son degne di pianto
 le smanie gelose
420d'un'alma infelice,
 d'un povero cor.
 
    S'accenda un momento,
 chi sgrida, chi dice,
 che vano è il tormento,
425che ingiusto è il timor. (Parte)
 
 SCENA X
 
 ERISSENA e GANDARTE
 
 GANDARTE
 Principessa adorata, allor che intesi
 te prigioniera, il mio dolor fu estremo.
 Or che sciolta ti vedo,
 credimi, estremo è il mio piacer.
 ERISSENA
                                                              Lo credo.
430Dimmi, vedesti in sugli opposti lidi
 dell'Idaspe Alessandro?
 GANDARTE
                                              Ancor nol vidi.
 E tu provasti mai
 alcun timor ne' miei perigli?
 ERISSENA
                                                       Assai.
 Se Alessandro una volta
435giungi a veder, gli troverai nel viso
 un raggio ancora ignoto
 d'insolita beltà.
 GANDARTE
                               Per fama è noto.
 Deh non perdiamo, o cara,
 con ragionar di lui questo momento,
440che dal ciel n'è permesso.
 ERISSENA
 Eh non è già l'istesso
 il vedere Alessandro
 che udirne ragionar. Qualunque vanto
 spiegar non può...
 GANDARTE
                                    Ma tanto
445parlar di lui tu non dovresti. Io temo
 cara, sia con tua pace,
 che Alessandro ti piaccia.
 ERISSENA
                                                 È ver; mi piace.
 GANDARTE
 Ti piace! Oh dei, ma il tuo real germano
 non sai che la tua mano
450già mi promise?
 ERISSENA
                                 Il so.
 GANDARTE
                                             Non ti sovviene
 quante volte pietosa al mio tormento
 mi promettesti amor?
 ERISSENA
                                           Sì, mel rammento.
 GANDARTE
 Ed or perché tiranna
 hai piacer d'ingannarmi?
 ERISSENA
                                                 E chi t'inganna?
 GANDARTE
455Tu che ad altri gli affetti
 dovuti a me, senza ragion comparti.
 ERISSENA
 Dunque per bene amarti,
 tutto il resto del mondo odiar degg'io?
 Troppo strano è il tuo amor.
 GANDARTE
                                                     Ah senti...
 ERISSENA
                                                                          Addio. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 GANDARTE
 
 GANDARTE
460Perché senz'opra degli altrui sudori
 nasceano i frutti, i fiori,
 perché più volte l'anno,
 non dubbio prezzo delle altrui fatiche,
 biondeggiavan le spiche e al lupo appresso
465in un covile istesso
 il sicuro agnellin prendea ristoro,
 era bella, cred'io, l'età dell'oro.
 Ma se allor le donzelle,
 per soverchia innocenza, a loro amanti
470dicean d'essere infide,
 chiaro così come Erissena il dice,
 per me l'età del ferro è più felice.
 
    Voi che adorate il vanto
 di semplice beltà,
475non vi fidate tanto
 di chi mentir non sa:
 che l'innocenza ancora
 sempre non è virtù.
 
    Mentisca pur e finga
480colei che m'arde il seno
 che almeno mi lusinga
 che non mi toglie almeno
 la liberta d'odiarla
 quando infedel mi fu. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Gran padiglione d’Alessandro vicino all’Idaspe con vista della reggia di Cleofide su l’altra sponda del fiume.
 
 ALESSANDRO con guardie dietro al padiglione e TIMAGENE
 
 ALESSANDRO
485Non condannarmi, amico,
 perché mesto mi vedi. Ha il mio dolore
 la sua ragion.
 TIMAGENE
                            Quando il timor non sia
 che manchi terra al tuo valore, ogni altra,
 perdonami, è leggiera. E quale impresa
490dubbia è per te che hai tanto mondo oppresso?
 ALESSANDRO
 L'impresa, oh dio, di soggiogar me stesso.
 TIMAGENE
 Che intendo!
 ALESSANDRO
                           Alla tua fede
 io svelo, o Timagene, il più geloso
 segreto del mio cor. Nol crederai;
495ama Alessandro e del suo cor trionfa
 Cleofide già vinta. Io non so dirti
 se combatté per lei
 il genio o la pietà. Senza difesa
 so ben che mi trovai
500nel momento primier ch'io la mirai.
 TIMAGENE
 Ella viene.
 ALESSANDRO
                       Oh cimento!
 TIMAGENE
                                                Eccoti in porto.
 Cleofide è tua preda,
 puoi domandarle amor.
 ALESSANDRO
                                              Tolgan gli dei
 che vinca amor, che sia
505la debolezza mia nota a costei.
 
 SCENA XIII
 
 Si vede venire per il fiume una magnifica barca, dalla quale scendono molti indiani del seguito di Cleofide portando diversi doni: dopo de’ quali Cleofide istessa incontrata da Alessandro.
 
 CLEOFIDE e detti
 
 CLEOFIDE
 Ciò ch'io t'offro, Alessandro,
 è quanto di più raro
 o nell'indiche rupi
 o nella vasta oriental marina
510per me nutre e colora
 il sol vicino e la feconda aurora.
 Se non mi sdegni amica, eccoti un dono
 all'amistà dovuto;
 se suddita mi brami, ecco un tributo.
 ALESSANDRO
515Da' sudditi io non chiedo
 altr'omaggio che fede; e dagli amici
 prezzo dell'amistade io non ricevo;
 onde inutili sono
 le tue ricchezze, o sian tributo o dono.
520Timagene, alle navi
 tornino quei tesori. (Timagene si ritira dando ordine agl’indiani che tornino su le navi co’ doni)
 CLEOFIDE
                                       Il tuo comando
 anch'io deggio eseguir, che a me non lice
 miglior sorte sperar de' doni miei.
 Più di quegli importuna io ti sarei. (In atto di partire)
 ALESSANDRO
525Troppo male o regina
 interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.
 CLEOFIDE
 Ubbidirò.
 ALESSANDRO
                      (Che amabile sembianza!)
 CLEOFIDE
 (Mie lusinghe alla prova). (Siedono)
 ALESSANDRO
                                                   (Alma costanza).
 CLEOFIDE
 In faccia ad Alessandro
530mi perdo, mi confondo e non so come...
 le meditate innanzi
 suppliche fra miei labbri io non ritrovo.
 E nel timor che provo,
 or che d'appresso ammiro
535la maestà de' guardi suoi guerrieri,
 scuso il timor de' soggiogati imperi.
 ALESSANDRO
 (Detti ingegnosi).
 CLEOFIDE
                                    A te signor non voglio
 rimproverar le mie sventure e dirti
 le città, le campagne
540desolate e distrutte, il sangue, il pianto
 onde gonfio è l'Idaspe. Ah che da queste
 immagini funeste
 d'una miseria estrema
 fugge il pensiero, inorridisce e trema.
545Sol ti dirò ch'io non avrei creduto
 che venisse Alessandro
 dagli estremi del mondo a' nostri lidi,
 per trionfar con l'armi
 d'una femmina imbelle
550che tanto ammira i pregi suoi, che tanto...
 Oh dio! Pur nel mirarti
 la prima volta io m'ingannai. Mi parve
 placido il tuo sembiante,
 pietoso il ciglio, il ragionar cortese.
555Spiegai la tua clemenza
 come se fosse... Eh rammentar non giova
 le mie folli speranze, i sogni miei,
 che troppo è manifesto
 quale io son, qual tu sei.
 ALESSANDRO
                                               (Che assalto è questo!)
 CLEOFIDE
560Non domando i miei regni,
 non spero il tuo favor. Tanto non oso
 nello stato infelice in cui mi vedo;
 non chiamarmi nemica, altro non chiedo.
 ALESSANDRO
 Nell'udirti o regina
565sì accorta ragionar, vere le accuse
 credei talvolta e meditai le scuse.
 Ma il timore ingegnoso,
 i tronchi accenti e le confuse ad arte
 rispettose querele armi bastanti
570non son per tua difesa. Io da' tuoi regni
 allontanar non feci
 le mie schiere temute e vincitrici
 per lasciarti un asilo a' miei nemici.
 Tu di Poro in soccorso,
575tu contro me...
 CLEOFIDE
                              Che ascolto!
 Sei tu, che parli? E mi sarà delitto
 l'aver pietà d'un infelice amico?
 È tua virtù privata
 forse l'usar pietà? Ne usurpo forse
580la tua ragion quando t'imito? Ah sia
 Cleofide infelice,
 se questo è fallo. Avrà la gloria almeno
 che il gran cor di Alessandro
 seppe imitar. Si perda
585regno, sudditi e vita,
 non questo pregio; inonorata a Dite
 l'ombra mia non andrà, benché in sembianza
 di suddita vi giunga.
 ALESSANDRO
                                         (Alma, costanza).
 CLEOFIDE
 Tu non mi guardi e fuggi
590l'incontro del mio ciglio? Ah non credea
 d'essere agli occhi tuoi
 orribile così. Signor, perdona
 la debolezza mia; questa sventura
 giustifica il mio pianto.
595L'esserti odiosa tanto...
 ALESSANDRO
 Ma non è ver. Sappi... T'inganni... Oh dio.
 (M'uscì quasi da' labbri, idolo mio).
 
 SCENA XIV
 
 TIMAGENE e detti
 
 TIMAGENE
 Monarca, il duce Asbite
 chiede a nome di Poro
600di presentarsi a te.
 CLEOFIDE
                                     (Numi!)
 ALESSANDRO
                                                       Fra poco
 avrà l'ingresso.
 TIMAGENE
                               Impaziente ei brama
 teco parlar.
 ALESSANDRO
                        Ma la regina...
 TIMAGENE
                                                    Appunto
 innanzi a lei di ragionar desia.
 ALESSANDRO
 Venga. (Timagene parte)
 CLEOFIDE
                 Poro l'invia!
605Chi è mai costui!
 ALESSANDRO
                                  T'è noto il suo pensiero?
 CLEOFIDE
 Pavento assai, ma non so dirti il vero.
 
 SCENA XV
 
 PORO e detti
 
 PORO
 (Eccola. O gelosia!)   (Da sé, vedendo Cleofide)
 CLEOFIDE
                                        (Poro!)
 PORO
                                                        Perdona,
 Cleofide, s'io vengo
 importuno così. La tua dimora
610più breve io figurai; ma d'Alessandro
 piacevole è il soggiorno e di te degno.
 CLEOFIDE
 (Già di nuovo è geloso! Ardo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Parla, Asbite; che chiede
 Poro da me?
 PORO
                          Le offerte tue ricusa
615né vinto ancor si chiama.
 ALESSANDRO
                                                E ben, di nuovo
 tenti la sorte sua.
 CLEOFIDE
                                  Signor, sospendi
 la tua credenza. Asbite
 forse non ben comprese
 di Poro i detti.
 PORO
                              Anzi son questi.
 CLEOFIDE
                                                             Eh taci.
620(Egli si perde). Alla mia reggia il passo   (Ad Alessandro)
 volgi qual più ti piace,
 amico o vincitor. Più dell'Idaspe
 non ti contendo il varco. Ivi di Poro
 meglio i sensi saprai.
 PORO
                                          (Che pena!) A lei
625non fidarti, Alessandro. È quella infida
 avvezza ad ingannar. Grato a' tuoi doni
 io ti deggio avvertir.
 CLEOFIDE
                                        (Che soffro!)
 ALESSANDRO
                                                                  Asbite,
 sei troppo audace.
 PORO
                                    Io n'ho ragion; conosco
 Cleofide e 'l mio re. Da lei tradito
630fu il misero in amor.
 CLEOFIDE
                                         (D'ingelosirsi
 abbia ragion per suo castigo). Ascolta.
 Forse amante di Poro   (A Poro)
 Cleofide saria; ma tante volte
 lo ritrovò spergiuro
635che giunge ad abborrirlo. Or non è tempo
 di finger più. Per Alessandro solo
 intesi amor, da che lo vidi. Io scopro
 sol per colpa d'Asbite   (Ad Alessandro)
 un affetto, signor, con tanta pena
640finor taciuto.
 PORO
                           (Oh infedeltà!)
 ALESSANDRO
                                                         (Che ascolto!)
 CLEOFIDE
 Ah se il ciel mi destina
 l'acquisto del tuo cor...
 ALESSANDRO
                                           Basta, o regina. (S’alza)
 Godi pur la tua pace, i regni tuoi,
 chiedimi qual mi vuoi,
645amico e difensore,
 tutto otterrai; non domandarmi il core.
 Questo d'allor ch'io nacqui
 alla gloria donai. Lodo ed ammiro
 ma però non adoro il tuo sembiante.
650Son guerrier su l'Idaspe e non amante. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 PORO e CLEOFIDE
 
 PORO
 Lode agli dei. Son persuaso alfine
 della tua fedeltà.
 CLEOFIDE
                                 Lode agli dei,
 Poro di me si fida,
 più geloso non è.
 PORO
                                  Dov'è chi dice
655che un femminil pensiero
 dell'aura è più leggiero?
 CLEOFIDE
                                               Ov'è chi dice
 che più del mare un sospettoso amante
 è torbido, incostante?
 Io non lo credo.
 PORO
                               Ed io
660nol posso dir.
 CLEOFIDE
                            Mi disinganna assai.
 PORO
 Mi convince abbastanza
 CLEOFIDE
 la placidezza tua.
 PORO
                                  La tua costanza.
 CLEOFIDE
 Ricordo il giuramento.
 PORO
 La promessa rammento.
 CLEOFIDE
665Si conosce.
 PORO
                       Si vede.
 CLEOFIDE
 Che placido amator!
 PORO
                                        Che bella fede!
 
    Se mai turbo il tuo riposo,
 se m'accendo ad altro lume,
 pace mai non abbia il cor.
 
 CLEOFIDE
 
670   Se mai più sarò geloso,
 mi punisca il sacro nume
 che dell'India è domator.
 
 PORO
 
 Infedel, questo è l'amore?
 
 CLEOFIDE
 
 Menzogner, questa è la fede?
 
 A DUE
 
675Chi non crede al mio dolore
 che lo possa un dì provar.
 
 PORO
 
    Per chi perdo, o giusti dei,
 il riposo de' miei giorni!
 
 CLEOFIDE
 
 A chi mai gli affetti miei,
680giusti dei, serbai finora!
 
 A DUE
 
 Ah si mora e non si torni
 per l'ingrata
                          a sospirar.
 per l'ingrato
 
 Fine dell’atto primo